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Unità Pastorale di Botticino

Alcuni equivoci, errori e pericoli da evitare Stampa E-mail
Scritto da Don Raffaele   
a) Le Unità Pastorali sono una nuova entità che viene a sovrapporsi e ad aggiungersi alle esistenti
Se così fosse, le Unità Pastorali rischierebbero di fallire prima di incominciare.
Nel clima attuale, infatti, in cui già le strutture esistenti provocano non poche difficoltà per la loro gestione, spesso vista come un peso burocratico, se le Unità Pastorali venissero concepite come un’altra struttura, realtà o iniziativa che si aggiunge alle altre, che rimangono intatte, si voterebbero subito al fallimento o, nel migliore dei casi, alla sterile rassegnazione.

b) Le Unità Pastorali concernono esclusivamente una nuova organizzazionedella Chiesa
Se così fosse, le Unità Pastorali lascerebbero intatte la mentalità e tutte le problematiche che sono sul tappeto, ingenerando l’illusione che basti una nuova struttura ideata a risolvere i problemi dell’evangelizzazione oggi. Le Unità Pastorali sono invece all’incrocio di molteplici problematiche:
la diffusa ministerialità laicale; la diversa relazione con il territorio; il mutato rapporto dell’uomo d’oggi con il fenomeno religioso; la richiesta di una pastorale specializzata e di settore; la diminuzione delle vocazioni sacerdotali (con il connesso invecchiamento del clero). Le Unità Pastorali, pur non intendendo rispondere a nessuna di queste esigenze in specie, possono essere adeguatamente comprese solo se la loro immagine ha la “profondità di campo” di queste tematiche. Ad esse intende rispondere indirettamente e concretamente, sul piano istituzionale.

c) Le Unità Pastorali sono qualcosa di completamente diverso da quanto finora è stato fatto
Questa convinzione potrebbe portare a considerare le Unità Pastorali come un nuovo inizio, una sorta di “anno zero”, che nella pastorale (e nella Chiesa) non vi è mai. Ciò non solo per il falso disconoscimento di quanto finora è stato fatto, quanto piuttosto perché potrebbe condurre a gettare quanto di ne e comunque l’esistente, il quale, pur con le sue problematiche, non è il nulla. L’evoluzione dalle vicarie alle Zone, per esempio, si pone nella scia e nella direzione delle Unità Pastorali: intendeva e intende rispondere a esigenze analoghe, con metodi simili e in vista di traguardi che si assomigliano.

d) Le Unità Pastorali sono una denominazione nuova per quanto già si fa nella pastorale
Quest’equivoco porterebbe a neutralizzare la valenza innovativa delle Unità Pastorali e a ritenere già realizzato nella nostra diocesi quanto invece in realtà è tuttora da fare. Se, per continuare l’esempio sopra riportato, è vero che le Unità Pastorali non sono tutt’altro rispetto alle Zone Pastorali, è altrettanto vero che le Zone Pastorali, così come oggi prospettate normativamente e realizzate concretamente, non siano già Unità Pastorali. Manca loro, per fare solo un esempio, l’apporto istituzionalmente garantito e promosso dei laici. E questo le Unità Pastorali sono o possono essere in più rispetto alle Zone.

e) Le Unità Pastorali sostituiscono o sostituiranno le parrocchie
Pur potendo prevedere che il volto delle strutture pastorali (tutte, dalle chiese sussidiarie alla diocesi) potrà mutare, non è nella finalità delle Unità Pastorali la soppressione delle parrocchie, neppure di quelle piccole o piccolissime. Non si tratta di preparare la nascita di future parrocchie di grandi dimensioni. L’«esperienza parrocchiale» della Chiesa è tutt’altro che esaurita.

f) Le Unità Pastorali potranno sorgere immediatamente
La costituzione delle Unità Pastorali non avviene né può avvenire attraverso una linea tracciata sulla cartina geografica di una Zona o attraverso un piano studiato a tavolino. Si richiede di preparare una mentalità adeguata, che consta soprattutto di un clima sacerdotale di stima reciproca e di un approfondimento delle motivazioni teologiche, pastorali e spirituali che spingono a costituire le Unità Pastorali.

(Da Orientamenti emersi dal Consiglio Presbiteraledel 29 marzo 2000 e approvati da S. E. Mons. Vescovo)


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